Ho pianto…

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Ho impiegato una giornata a metabolizzarlo. .. si …. ho pianto… ora può sembrare un’esagerazione ma ieri per me si è spento qualcosa… un misto tra amore, passione mai sfogata fino alla fine, l’ultimo vero ricordo dell’adolescenza, il primo e forse unico esempio della mia vita di ‘desiderare una cosa’. Perché di una ‘cosa’ si tratta, potrebbe sembrare agli occhi dei più. Elia ed Eva, sto cercando di insegnarvi di non dare troppo peso alle ‘cose’. Le ‘cose’ non sono così importanti. I valori, le emozioni, i sentimenti sono importanti. Bhè, vi confesso che questa ‘cosa’ è un insieme di tutto questo. Avevo quindici anni e come tutte le estati passate, e future per tanti anni a seguire, sono stato fuori per tre mesi girovagando con zio Pasquale e tutti gli altri guadagnandoci la giornata con gli spettacoli dei burattini. Al rientro a settembre non avevo che un pensiero. La volevo. L’ho cercata, scelta insieme a zio Feliciano. Sapete che non ricordo quasi niente del passato, quel quasi include quel momento. Per anni è stata l’unica “cosa” che nessuno dei piccoli che ci veniva a trovare poteva toccare. Ho sempre dato libero accesso a tutti i bambini a tutto ciò che era mio. Alla fine, niente è di nessuno, sono tutte “cose” e tutti hanno il diritto di utilizzarle, anche se troppo piccoli con il rischio di romperle, sono solo “cose”. Quella no però, veniva vietata a tutti, piccoli e grandi che non la utilizzavano nel modo giusto. Nessuno l’ha mai “toccata”. Per paura che si rompesse è uscita raramente di casa. Non sono mai riuscito ad utilizzarla come uno studioso sa fare. Non ho mai avuto la costanza di studiarla, è uno dei rimpianti che ho, però è sempre stata mia, l’ho sempre presa ogni tanto ed utilizzata a mio modo, non da professionista, ne magari da grande dilettante, ma mi ha tenuto compagnia, nei momenti felici ma soprattutto nei momenti bui. Poi per tanti anni è rimasta là. Da sola, da sola fisicamente ma mai sentimentalmente. Più o meno il periodo è coinciso con poco prima che nascesse Elia, poi Eva. A quel punto il tempo non era molto da dedicare a niente, figuriamoci a “lei”. Per una passione da bambino di Elia è tornata a casa nostra. L’abbiamo usata un po’ insieme, forse ad Eva faceva più piacere che l’usassi, poche volte ma ci siamo divertiti. E poi è arrivato ieri… caduta.. spezzata in un  punto non più riparabile.. e ho pianto…

in un attimo ho visto crollare tante cose.. la mia adolescenza, quell’estate passata con il pensiero di acquistarla, quelle serate a passate a suonare al rione Morlupo, quei pomeriggi tristi trasformati in “sereni” grazie allo strimpellarla per tante ore. Ebbene si, suonare. Parlo della “mia” chitarra. E’ una “cosa”, ma non solo. Non le ho mai dato un nome, è vero, molti lo fanno. A me non serviva. Era l’unica, era lei, non aveva bisogno di un nome. Vederla spezzata sabato mi ha distrutto dentro qualcosa. Non te ne faccio una colpa amore di papà,come ti ho spiegato cercando di consolarti mentre cercavo di consolare anche me, la responsabilità è mia, tua, di mamma, un po’ di tutti.. però il fatto è che è successo.. ed io ho perso per sempre la mia chitarra. Non sarà più sostituibile, non suono, non so suonare e non prenderò mai un’altra chitarra, non ha senso spendere dei soldi per qualcosa che non userò più… però non posso negare che per me è stato un brutto momento. Elia, abbiamo parlato. Ti ho dovuto consolare, ma l’ho dovuto fare anche per me. Mi hai promesso una cosa però. Se mai un giorno avrai voglia di avere una chitarra tua, me la farai suonare qualche volta…

un abbraccio amori miei…

papà…

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